Cent'anni fa, la fine della guerra
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- Scritto da abi
- Pubblicato: 31 Ottobre 2018
- Ultima modifica: 01 Novembre 2018
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Per iniziativa del Comitato Promotore costituito dai gruppi:
- Gruppo Alpini di Quinzano d'Oglio - Sezione di Brescia
- Associazione Nazionale Bersaglieri - Sez. di Quinzano d'Oglio
- Associazione Arma Aeronautica 'Aviatori d'Italia' - Sez. di Quinzano d'Oglio
- Associazione Carabinieri - Sez. di Quinzano d'Oglio
- Associazione Combattenti e Reduci - Sez. di Quinzano d'Oglio
- G.A.F.O. - Gruppo Archeologico di Quinzano d'Oglio
e col patrocinio del Comune di Quinzano d'Oglio è allestita la mostra oggettistica, documentaria e fotografica per la ricorrenza del centenario della vittoria o, per meglio dire, della fine di quella tragedia immane che fu la prima guerra mondiale.
La mostra è allestita dal 03 al 18 novembre presso la ex Chiesa delle Dimesse in via Robino, 4, vicino al teatro comunale con i seguenti orari:
- il sabato dalle 15:00 alle 19:00
- la domenica dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00
- mercoledì mattina; altri giorni feriali su richiesta
Nelle foto qui sotto, alcuni momenti dell'allestimento
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Aristocrazia borghese dei Nember-Vertua
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- Scritto da tc
- Pubblicato: 13 Dicembre 2015
- Ultima modifica: 24 Dicembre 2015
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Era il 26 aprile del 1815, quando il ricco possidente e cronista quinzanese Giuseppe Nember, all’età di 63 anni, moriva per le complicanze di un sarcoma alla gamba destra, che lo affliggeva dal 1808 e da cui era stato inutilmente operato nel 1813.
Il Gafo-Quinzano già da alcuni anni coltivava l’idea di celebrare la ricorrenza del secondo centenario della morte di questo colto e un po’ trascurato quinzanese, raccogliendo i suoi manoscritti e pubblicando finalmente tutte le sue opere, che meritano di essere conosciute anche oltre il piccolo orizzonte locale.
Ma la ricerca da una parte ha rivelato che la biblioteca e i preziosi manoscritti del cronista sono andati purtroppo dispersi negli ultimi 15 anni a sèguito delle divisioni ereditarie; dall’altra ha mostrato l’incredibile ricchezza delle documentazioni sopravvisute alla dispersione, relative alle famiglie Nember e Vertua (oggi ormai estinte almeno nei cognomi) e a quelle con le quali i due rami principali si sono nel tempo intrecciati.
L’amichevole cortesia e la squisita disponibilità delle signore Irene Bertoletti Piechele e Ginarosa Bertoletti Antonioli e delle rispettive famiglie, discendenti dirette di due rami femminili dei Nember-Vertua, ci hanno consentito di accedere a quanto da loro conservato con cura, aprendoci così ampi spiragli su documentazioni famigliari, economiche, amministrative, fotografiche e materiali di grande interesse non solo per la storia dei due lignaggi, ma anche per quella del paese di Quinzano, al quale i Nember e i Vertua, hanno contribuito a dare un’impronta incancellabile nella storia, nell’economia, nella cultura e nell’urbanistica.
Un campanile musicale
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- Scritto da tc
- Pubblicato: 11 Ottobre 2015
- Ultima modifica: 13 Ottobre 2015
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Sembrerebbe ovvio parlare di musica per un campanile, se si pensa alle campane, che rappresentano un suono così caratteristico della nostra civiltà padana.
Ma se pensiamo alla torre di San Rocco a Quinzano, per la quale di recente il gruppo Avventuradietrolangolo ha generosamente curato l'illuminazione della cella campanaria, allora potrei azzardarmi ad affermare che la musica non proviene solo dal riverbero nell'aria dei rintocchi delle sue campane, ma appartiene al progetto stesso della sua struttura architettonica e delle sue decorazioni.
Conosciamo con certezza l'epoca della sua realizzazione, tra il 1600 e il 1603, e il suo progettista, Nicolò Alberghino (o Albrighini) da Lavena Ponte Tresa (oggi in provincia di Varese), che le fonti coeve definiscono modestamente latomo (scalpellino, tagliapietre), ma che aveva tutte le qualità e la cultura dell'ingegnere e dell'architetto, come attesta la sua opera. E doveva avere anche competenze o sensibilità musicali, poiché la torre di San Rocco, certo il suo capolavoro, pare proprio composta come un brano di musica di quel tempo.
Il monumento ha uno schema formale compatto e ritmico, costituito da una serie di piani simili ma sempre diversi: alla base i moduli sono lisci e differenziati in altezza, come per creare una distensione prima di una tensione, quasi un preludio improvvisato in cui l'artista saggia l'accordatura del suo strumento e solletica l'orecchio ai suoi ascoltatori. Nel terzo ordine viene disegnato un modulo più dettagliato: una cornice composita e articolata che sorregge un riquadro di due archi ciechi ritmati da tre lesene e coronati da un fregio conforme ai canoni dell'architettura classica e rinascimentale, quasi a voler fissare le note di un basso, che d'ora in poi sarà il motivo ricorrente sullo sfondo delle susseguenti fantasie: è ciò che nella musica di allora si chiamava il bordone (o il basso ostinato), ossessivamente replicato dal bravo musico, per ricamarvi sopra ad ogni ritorno variazioni nuove e insolite della sua melodia.
Un gioiello senza padri
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- Scritto da tc
- Pubblicato: 01 Agosto 2015
- Ultima modifica: 13 Ottobre 2015
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La chiesa di San Rocco di Quinzano è stipata all'inverosimile di oggetti di valore: non tutti forse dei capolavori, ma certo attestazioni interessanti e preziose del gusto che i nostri antenati avevano per il bello e per le cose artistiche, e della loro volontà di lasciare significative memorie di sé ai posteri, che poi siamo noi.
Ma il vero pezzo unico della chiesa e del paese è l'organo seicentesco, che già si presenta come un grandioso apparato di intaglio ligneo e pittura con pochi confronti nel circondario. Se si considera il fatto, confermato da esperti, che l'apparato fonico, ossia l'insieme dei complicati meccanismi destinati a produrre la musica, si è conservato fino a oggi nella sua forma pressoché originaria, come raramente accade in strumenti di quell'epoca così lontana, anche un profano può comprendere il valore di testimonianza, oltre che d'arte, che quel capolavoro ci potrebbe offrire se adeguatamente valorizzato.
Del resto a Quinzano di organi realizzati intorno alla metà del '600, e conservati nella loro sostanziale integrità, ce ne sono ben due: quello di San Rocco appunto, messo in opera nel 1651, e quello della pieve: un piccolo positivo adattato da Carlo Traeri e da lui firmato il primo marzo 1667. Se si pensa che in città a Brescia gli organi conservati databili prima del '700 sono quattro (duomo vecchio: Giangiacomo Antegnati, 1536; San Giuseppe: Graziadio Antegnati, 1581; chiesa del Carmine: Meiarini-Antegnati, 1633; San Carlo: Graziadio II Antegnati, 1636), e non sono moltissimi nel resto della provincia, diventa evidente il singolare primato delle nostre chiese: un primato finora purtroppo ignorato dagli stessi quinzanesi, visto che entrambi i preziosi strumenti storici sono in pratica muti e abbandonati a sé stessi da almeno una sessantina d'anni.
Un bersagliere a Trieste
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- Scritto da Eugenio Garda
- Pubblicato: 18 Luglio 2015
- Ultima modifica: 18 Luglio 2015
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Angelo Saleri, quinzanese della classe 1932 e tuttora in piena forma, era bersagliere della 5ª Compagnia 8° Reggimento al momento in cui Trieste, dopo nove anni di occupazione degli alleati, venne ripresa dalle truppe italiane. Il 26 ottobre 1954 era tra i sessanta bersaglieri che per primi entrarono in Trieste, tra i festeggiamenti della popolazione della città. Di questa straordinaria esperienza lascia un breve e vivace diario, che ci ha permesso di pubblicare qui di seguito.
Io, caporale Saleri, scrivo il rientro di Trieste. Le date, il perché è toccato alla 5ª Compagnia dell'Ottavo Bersaglieri, questo lo cercate voi se volete. Ecco il vero.
Io Saleri, nato a Fenil di Sotto di Quinzano d'Oglio Brescia il 3-9-1932, vado a Treviglio a fare il premilitare (3 giorni). Vado a rapporto con il capitano, e lui mi ha detto: “Metti giù i tre corpi che vorresti andare”. Le ho risposto: “Lei mi metta nei Bersaglieri”. Risposta: “Sei già bersagliere”.
L'aquila che volò sulla torre
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- Scritto da Tommaso Casanova
- Pubblicato: 08 Luglio 2015
- Ultima modifica: 11 Luglio 2015
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In tempi di vacche magre come quelli che stiamo purtroppo attraversando, non è certo un campo di studi nel quale si possa proporre alle amministrazioni pubbliche di investire denari ed energie. Eppure un suo senso ce l'ha anche questa disciplina, se ha senso, in una società come la nostra, dedicarsi allo studio dei simboli che identificano e raccontano a sé stessa e agli altri una comunità da quando ha consapevolezza di essere tale fino a oggi.
Sto parlando delle indagini sugli stemmi comunali (araldica civica), alcuni dei quali hanno una storia piuttosto antica e onorevole, anche se superficialità e ignoranza dei significati iconografici e simbolici hanno prodotto nel tempo delle forme di travisamento, o quanto meno di incomprensione.
Qualcosa di simile deve essere capitato anche allo stemma del Comune di Quinzano, che negli ultimi secoli ha subito degli scantonamenti: un castello due volte torricellato (munito di due robuste torri laterali), che si è degradato a torrione o a torricella; un'aquila che, volata via dal suo "capo dell'impero" (regione in alto allo scudo, staccata dai punti inferiori), si è posata sulla torre, involvendosi in cappone; e soprattutto i colori, così importanti nelle simbologie premoderne, che nel nostro stemma si sono sbrodolati, perdendo le originarie posizioni e i reciproci rapporti.
Da S. Lorenzo a S. Croce
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- Scritto da tc
- Pubblicato: 30 Giugno 2015
- Ultima modifica: 11 Luglio 2015
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Quando si tratta di beni culturali di interesse locale (ma non solo di quelli), siamo ormai assuefatti purtroppo a un modo di procedere disorganico, altalenante tra l'abbandono più o meno totale nel degrado e nel disinteresse, e l'ossessione per il recupero eclatante e dispendioso, dopo di che l'oggetto tornerà inesorabilmente a essere ignorato. Eppure è facile capire quel che avevano compreso anche i nostri vecchi, ossia che l'attenzione costante e la manutenzione ordinaria sarebbero la soluzione migliore sia per fruire sempre del bene, che per investire di meno nel mantenerlo in efficienza.
Con incredibile lucidità e lungimiranza già nel 1849 il celebre artista e critico d'arte inglese John Ruskin (1819-1900) scriveva (La lampada della Memoria)
«Prendetevi la dovuta cura dei vostri monumenti e non avrete bisogno di restaurarli. Poche lastre di piombo collocate a tempo debito su un tetto, poche foglie secche e sterpi spazzati via in tempo da dove scorre l'acqua, salveranno sia il soffitto che i muri dalla rovina. Vigilate su un vecchio edificio con premura e attenzione; proteggetelo meglio che potete, e ad ogni costo, da ogni accenno di degrado».
Palazzi sotto la luna
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- Scritto da tc
- Pubblicato: 02 Aprile 2015
- Ultima modifica: 09 Luglio 2015
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Grande successo anche ieri sera 1 aprile 2015 (come sempre del resto) per la passeggiata sotto la luna piena degli amici di Avventuradietrolangolo.
La novità era la presenza sulla pettorina di iscrizione di un "codice QR" che permetteva di accedere alla pagina del sito Gafo in cui sono descritti i luoghi oggetto della visita. Siccome però non tutti i partecipanti all'evento erano dotati di uno smartphone o di una app per la lettura dei codici qr, riportiamo qui i link alle schede sui luoghi che abbiamo visitato ieri nell'ordine del percorso effettuato:
- Palazzo Padovani (già Ospedale, oggi Oratorio)
- Palazzo Peroni (oggi Ciocca)
- Casa Cirimbelli (già Oratorio vecchio, oggi residenza privata)
- Filanda Mambroni (oggi scempio architettonico)
- Palazzo Cò
- Palazzo Nember
- Palazzo Vertua
- Palazzo Valotti
- Portici di piazza Garibaldi
Mappe della storia
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- Scritto da tc
- Pubblicato: 15 Marzo 2015
- Ultima modifica: 09 Luglio 2015
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Chi di mestiere o per diletto si dedica alla ricerca storica sul proprio territorio ha insieme la necessità e la curiosità di potersi dedicare alla consultazione delle carte topografiche storiche. Purtroppo però le vecchie mappe sono rare, spesso preziose, e conservate in archivi e biblioteche difficilmente accessibili.
Ma ci sono, per fortuna, alcuni importanti archivi che mettono a disposizione degli utenti del web riproduzioni di mappe di grande interesse storico: ne suggeriamo un paio, che saranno certamente intriganti per il lettore curioso.
L'Archivio di Stato di Milano, mediante il Progetto Divenire (Atlante dei catasti storici e delle carte topografiche della Lombardia), mette in rete numerose planimetrie del secolo XIX, esplorabili dal computer di casa fino a una definizione piuttosto alta. Riportiamo qui di sèguito i link alle dettagliatissime carte d'età napoleonica di Quinzano, Gabbiano, Padernello, Verolanuova, Verolavecchia e Monticelli, coi rispettivi territori (datate tra il 1805 e il 1807).
Caulicoli dei tempi di Carlomagno
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- Scritto da Tommaso Casanova
- Pubblicato: 13 Marzo 2015
- Ultima modifica: 09 Luglio 2015
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Sulla testata est del lato meridionale nell'odierna chiesa della Pieve di Quinzano, a qualche metro di altezza è murato un frammento di pietra lavorata che presenta quattro spirali o volute (qualcuno le chiama caulìcoli), che si dipartono due per lato da un nastro centrale.
Questo interessante frammento è stato da sempre riconosciuto come proveniente da un edificio che sorgeva in quel luogo prima della costruzione attuale, ma le recenti indagini sulla chiesetta di Montecchio hanno portato qualche luce in proposito. In effetti, una delle scoperte più rilevanti di quelle ricerche è stata di trovare fra i reperti salvati dall'annientamento dell'oratorio campestre un frammento in tutto simile a quello incastonato sulla Pieve.
L'opinione di esperti riconduce i due frammenti, insieme ad altri ritrovati a Montecchio, alle mani di una stessa bottega di scalpellini, nel periodo tra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo d.C., gli ultimi anni della vita di Carlomagno. Potrebbe trattarsi di frammenti decorativi di un pluteo, cioè di un recinto sacro che a quell'epoca si usava dentro le chiese per separare lo spazio del clero da quello dei fedeli.